Torna indietro
Disturbi e malattie

Misofonia: un problema reale ma poco conosciuto

Misofonia: il prof. Gianfranco Cupido ci illustra alcuni dettagli su questa patologia poco conosciuta e la cui incidenza registra un aumento costante.
Foto Mancante
Dott. Gianfranco Cupido 14/02/2017 10:28
Condividi:

Il termine misofonia fu creato per la prima volta da Pawel Jastreboff nel 2003. Si tratta di un disturbo poco conosciuto, poco compreso e fino a qualche mese fa poco studiato, caratterizzato da una estrema avversione per un suono specifico non necessariamente intenso (come la masticazione prodotta da altre persone, il ticchettio dell’orologio, il russare di chi ci sta accanto, la pioggia, la goccia d’acqua che esce dal rubinetto). L’emissione è così forte da impedire, ad esempio, al soggetto affetto da misofonia di mangiare insieme ad altri.

A differenza della iperacusia, che invece provoca una ridotta tolleranza a tutti i suoni, la sofferenza è selettiva e isolata soltanto ad alcuni. I suoni coinvolti possono causare l’alterazione del sistema nervoso autonomo in vari modi provocando eccessiva salivazione.

La misofonia è una malattia che solo recentemente è stata oggetto di ricerca con la finalità di identificare un valido trattamento terapeutico. Si è messo in evidenza che l’intolleranza a determinati rumori provoca un aumento del battito cardiaco, della sudorazione e la presenza di un “sovraccarico” nella zona del cervello che elabora le emozioni: la corteccia insulare anteriore.

Recentemente si verificano molti casi di pazienti “misofoni”, che però in prima istanza non sanno di esserlo. Ciò a riprova degli studi attuali che confermano l’esistenza di una reale patologia, per molto tempo considerata una “sensazione fantasma”. L’unico trattamento terapeutico affrontato oggi suggerisce un approccio analogo a quello utilizzato per l’acufene, cioè la T.R.T. (Tinnitus Retraining Therapy), un metodo che segue un protocollo internazionale di valutazione diagnosi, terapia e follow up, molto diffuso nei paesi occidentali.

Questo metodo associa l’utilizzo di un generatore di rumore a una terapia riabilitativa e richiede la collaborazione di un otorinolaringoiatra e di un audioprotesista. Infine, al termine del trattamento, il paziente non avvertirà più quei suoni considerati estremamente debilitanti ed avrà inoltre imparato a controllare le componenti emozionali ad esso associate (tramite un efficace counseling), tanto da ridurre l’impatto emotivo complessivo.