

Sordità e Alzheimer: esiste un legame?

Sono ormai diversi anni che la comunità scientifica ha portato alla luce il legame che esiste tra sordità e Alzheimer. Entrambi questi disturbi non hanno solo “effetti” comuni, come la tendenza all’isolamento, ma anche delle cause comuni, o meglio, una correlazione.
Secondo recenti studi infatti, gli anziani con problemi di udito hanno maggiori probabilità di sviluppare l’Alzheimer rispetto a chi ha un udito nella norma. Si parla del doppio di probabilità per chi ha un’ipoacusia live, del triplo per chi ha un’ipoacusia moderata e del quintuplo per chi ha un’ipoacusia grave.
Ma qual è il legame tra sordità e Alzheimer?
Innanzitutto, dobbiamo chiarire che la parola sordità in questo caso non si riferisce alla sordità congenita, che si ha alla nascita, ma alla graduale perdita uditiva che può comparire in età avanzata. È una condizione che allontana le persone dal mondo esterno portandole ad affrontare la vita di ogni giorno con grande difficoltà, sforzandosi enormemente nell’elaborare suoni e nel cercare di comprendere il proprio interlocutore.
Ciò comporterebbe innanzitutto un continuo sovraccarico dello sforzo cerebrale proprio per cercare di comprendere rumori e voci e ad una vera e propria perdita di materia grigia. Questo porta ad una riduzione delle capacità cognitive proprio per la difficoltà di ascoltare e quindi di elaborare i concetti e, infine alla comparsa dell’Alzheimer.
Infatti, meno viene stimolato il cervello, più possibilità ci sono di sviluppare malattie cognitive come l’Alzheimer.
1Sordità e Alzheimer: entrambi portano all’isolamento
Una delle caratteristiche che accomuna sordità e Alzheimer è il fatto che entrambi questi disturbi portano all’isolamento, o meglio, all’autoisolamento.
La persona con problemi di udito infatti si vergogna della sua condizione, teme il giudizio degli altri e lo stigma sociale degli apparecchi acustici. Ancora oggi purtroppo l’ipoacusia è percepita come sinonimo di vecchia e molte persone, piuttosto che rischiare di svelare il loro problema uditivo, si allontanano volontariamente da amici e familiari.
Questo comportamento però non fa che peggiorare la loro condizione. La mente infatti, privata delle conversazioni, dei suoni ambientali e degli stimoli dell’ambiente circostante, invecchia più velocemente. E così aumentano le possibilità di sviluppare malattie cognitive come l’Alzheimer, nonché ansia, stress e depressione.
Anche le persone che soffrono di Alzheimer hanno la tendenza all’isolamento: si vergognano di non ricordare il nome del nipotino o di non saper raccontare cosa hanno mangiato la sera prima, ma non vogliono che la famiglia lo sappia.
Ecco perché è compito dei familiari e delle persone care fare attenzione a quei piccoli segnali che possono indicare l’insorgere dell’Alzheimer o del calo uditivo. Nell’ultimo caso in particolare, ci sono campanelli d’allarme che possono essere facilmente individuati.
Ecco quali sono:
- chiedere agli altri di ripetere di parlare più lentamente, di ripetere con maggiore chiarezza, lentamente o a volume più alto
- ascoltare la TV ad un volume troppo alto
- non accorgersi della sveglia, del timer da cucina o del campanello
- non partecipare più ad attività sociali e di gruppo
Gli apparecchi acustici possono aiutare? Gli studi
Oltre agli studi che testimoniano la correlazione tra sordità e Alzheimer, negli ultimi anni sono apparse diverse ricerche sui benefici della prevenzione uditiva e degli apparecchi acustici non solo sul calo dell’udito, ma anche sulla comparsa dell’Alzheimer.
La ricercatrice Elhm Mahmuodi (PhD) e il suo team dell’Università del Michigan, attraverso uno studio condotto su 114.862 soggetti sopra i 66 anni con una diagnosi di perdita uditiva e la prescrizione di portare gli apparecchi acustici, hanno dimostrato che l’utilizzo degli apparecchi acustici ritarda l’invecchiamento del cervello e tiene lontane malattie come la demenza senile e l’Alzheimer.
Ecco i risultati:
- -18% diagnosi di demenza senile
- -11% diagnosi di depressione
- -13% cadute rovinose
Inoltre, un team di ricerca italiano e spagnolo dell’Università Pompeu Fabra a Barcellona ha elaborato nel 2016 un test dell’udito che potrebbe diagnosticare l’insorgenza dell’Alzheimer. Le risposte dei pazienti con Alzheimer e le loro reazioni neurali risultano significativamente diverse da quelle dei soggetti senza deficit cognitivi, quindi facili da individuare.
In questo modo si potrebbe rilevare preventivamente la presenza della malattia e intervenire di conseguenza. Proprio come nel caso dei deficit uditivi. Sordità e Alzheimer sono dunque connessi anche su un altro piano, questa volta in positivo: l’importanza della prevenzione.