Utilizzare i nitroni contro lo stress ossidativo e la perdita di udito
Recenti studi condotti in Spagna hanno esaminato la possibilità di utilizzare i nitroni per combattere la presbiacusia, ossia la perdita uditiva legata all’età. Il gruppo di esperti, che lavora per il Consiglio Nazionale delle Ricerche Spagnolo (CSIC), ha infatti individuato nell’elevato potere antiossidante dei nitroni una delle chiavi contro l’invecchiamento delle cellule uditive.
Sappiamo infatti che lo stress ossidativo è gioca un ruolo chiave nella perdita di udito in età avanzata: quando la quantità di ossidanti nelle cellule della coclea aumenta, o quando diminuisce quella degli antiossidanti, si verifica la comparsa dei radicali liberi che danneggiano le cellule stesse. Inoltre, spesso lo stress ossidativo provoca un’infiammazione che può raggiungere le cellule ciliate, cellule sensoriali che trasmettono i suoni al cervello ma che non hanno la capacità di rigenerarsi. Se vengono danneggiate, il danno diventa irreparabile.
1L’articolo pubblicato su Frontiers in Cellular Neuroscience
Secondo gli studi, i nitroni potrebbero aiutare a ridurre proprio lo stress ossidativo. Nell’articolo, pubblicato su Frontiers in Cellular Neuroscience, i ricercatori guidati dalla Prof.ssa Isabel Varela Nieto prendono in esame l’enorme potenziale di queste molecole e la possibilità di combinarle con altre sostanze biocompatibile per poterle applicare localmente e poter sfruttare la loro azione antiossidante.
Ecco cosa dicono in conclusione dell’articolo:
“The enormous potential of these molecules invites to study in depth their largely unknown biodistribution and pharmacokinetics when administered by different routes to the inner ear. Improving their solubility in biological membranes by means of medical chemistry strategies, the modification of their structure or their combination with biocompatible vehicles, could allow their local administration, which could eventually improve their preclinical results” .
“L’enorme potenziale di queste molecole invita a studiare in modo approfondito la loro biodistribuzione e farmacocinetica, in gran parte sconosciuta quando somministrate per vie diverse all’orecchio interno. Migliorare la loro solubilità nelle membrane biologiche mediante strategie di chimica medica e modificare la loro struttura o la loro combinazione con agenti biocompatibili potrebbero consentire la loro somministrazione locale, che potrebbe eventualmente migliorare i loro risultati preclinici”.
Gli studi dunque continuano.