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Studi scientifici e news

Uso del cellulare e neurinoma acustico: esiste un nesso?

Esiste un rapporto tra uso del cellulare e neurinoma acustico? Il dott.Aldo Messina affronta la questione analizzando le più recenti ricerche in merito.
Foto Mancante
Dott. Aldo Messina 02/05/2017 14:46
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A giudicare dalle notizie di stampa, una recente sentenza della sezione Lavoro del Tribunale di Ivrea, avrebbe riconosciuto per un dipendente Telecom il rapporto di causa ed effetto tra uso del “telefonino” per più di tre ore al giorno e per quindici anni ed il neurinoma dell’acustico. Cogliamo l’occasione per dibattere su questo tema, senza, ovviamente, entrare nel merito della specifica sentenza.

L’I.A.R.C. ( Agenzia Internazionale Ricerca sul Cancro) si è riunita a Lione nel 2011, con l’intento di studiare le influenze dei campi elettromagnetici a radio frequenza(30 -300 GH) sulla salute umana. Dopo un apposito tavolo sulla sicurezza chimica, convocato a Berlino nel 1966 dall’O.M.S.,  l’elettrosensibilità e la sensibilità chimica(M.C.S.) sono state incluse  nel capitolo della Intolleranza Idiopatica ambientale(I.E.I.),

Iniziamo con il trattare le influenze dei campi elettromagnetici ed, ovviamente, coinvolgiamo l’otoneurologia

Un interessante studio è stato pubblicato nel 2011 MRI magnetic field stimulates rotational sensors of the brain ed è stato condotto da ricercatori di grande fama in campo otoneurologico come David Zee e l’italiano Vincenzo Marcelli. Si è osservato che molti pazienti, dopo avere eseguito una Risonanza Magnetica Nucleare (MRI), riferivano un aspecifico senso di malessere generale. In piano spirito galileiano, gli autori hanno provato a “misurare” la sintomatologia. Sottoponendosi essi stessi, unitamente ad alcuni volontari, a Risonanza Magnetica Nucleare 1,5 Tesla, hanno dimostrato che tutti, enfatizzo tutti, i soggetti esaminati sviluppavano, durante l’esame eseguito, ovviamente, in campo magnetico, scosse di quei movimenti oculari, assolutamente involontari e non simulabili, noti scientificamente con il nome di nistagmo e riconosciuti quale segno di coinvolgimento del sistema vestibolare.Una sorta di sensibilità del sistema vestibolare alle stimolazioni magnetiche della MRI. Il dato certamente più sconvolgente è dato dal fatto che il nistagmo evidenziato dai ricercatori italiani presentava una direzione(“batteva”) verso sinistra e, viceversa, verso destra se ricercato con apparecchiature statunitensi. E’ appena il caso di ricordare che le apparecchiature RMN d’oltreoceano presentano una polarità opposta alla nostra. Il nistagmo post – Risonanza Magnetica non è stato rilevato nei soggetti esaminati affetti da areflessia vestibolare. Infine si è documentata l’inversione della direzione di questo tipo di nistagmo alla cessazione della stimolazione magnetica.

A spiegare queste osservazioni gli stessi autori propongono tre ipotesi: induzione elettromagnetica(E.M.I.), suscettibilità magnetica( M.S.) e influenza Magneto Idrodinamica (M.H.D.) con relativo sviluppo di forza di Lorentz che , come è noto, è quella che si sviluppa tra un oggetto elettricamente carico ed il campo elettromagnetico. Quest’ultima ipotesi è quella che agli autori appare maggiormente probabile per giustificare il fenomeno. Probabilmente è questo il motivo, conclude il gruppo di otoneurologi, per il quale negli operatori addetti all’esecuzione dell’RMN si osservano frequentemente disequilibrio, vertigini, nausea e malessere. Pertanto appare plausibile l’ipotesi di un rapporto tra stimolazioni elettromagnetiche e sistema dell’equilibrio.

Sempre in campo elettromagnetico l’ I.A.R.C. ha studiato gli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici con frequenza 30-300 GHz. Vale la pena ricordare che questa frequenza è quella utilizzata dai nostri dispositivi di comunicazione personale (cellulari con annessi Bluetooth), apparecchiature industriali (riscaldatori incollaggio di plastica) e non da ultimo ripetitori radio televisivi. In particolare sarebbe emersa una possibile relazione tra glioma e neurinoma dell’acustico ed uso del cellulare. Il gruppo di lavoro dell’I.A.R.C. ha classificato i campi elettromagnetici di radiofrequenza come possibilmente cancerogeni.

Anche le onde vibrazionali dei circuiti elettrici delle nostre abitazioni possono determinare disturbi. Si è coniato il termine EHS, alta sensibilità elettrica, per indicare questo eventuale stato patologico. Va ribadito inoltre che sia le Malattie da sensibilità chimica (MCS) che da corrente elettrica (EHS), prevedono una “sensibilizzazione” individuale, probabilmente su base epigenetica. A ben esaminare le pubblicazioni in materia, la sintomatologia conseguente all’esposizione a campo elettromagnetico in realtà appare piuttosto generica, includendo sintomi aspecifici e già da tempo al confine tra l’ organico e lo psicosomatico. Descritta la comparsa di dermatopatie (rossori, bruciori), scarsa qualità del sonno, stanchezza, capacità di concentrazione, irrequietezza e l’immancabile cefalea.

La sintomatologia cessa allorquando il paziente sostituisce il proprio telefono DECT o il cellulare, scollega i router Wi-Fi, e riduce l’uso del PC e della televisione. L’incidenza (frequenza sulla popolazione) dell’EHS appare più elevata in alcuni paesi come Svezia, Germania e Danimarca, Regno Unito, Austria e Francia. L’EHS non ha criteri diagnostici specifici e non vi è alcuna base scientifica per collegare i sintomi EHS all’esposizione a campi elettromagnetici né un’indagine medica per identificare e trattare eventuali condizioni specifiche che potrebbero essere responsabili dei sintomi. In particolare appare necessaria una valutazione neuropsicologica per riconoscere patologie, magari silenti, concomitanti, e l’esclusione di altre noxae patogene ambientali quali l’inquinamento dell’aria interna, rumore eccessivo, scarsa illuminazione (luce tremolante) o fattori ergonomici e, ciliegina per tutte le torte, lo stress. Infine è più che probabile che la presenza di metalli pesanti nell’organismo accentui la elettrosensibilità individuale.

Nel campo specifico dei neurinomi uditivi, lo studio di Lonn, Ahibom e Feychting , pubblicato nel 2004 su Epidemiology  Mobile phone use and the risk of acoustic neuroma , condotto su 164 casi e 604 controlli, se condotto a breve termine non avrebbero evidenziato un aumento del rischio di neuroma acustico relativo all’uso del telefono cellulare e per contro un aumento del rischio di neuroma acustico associato con l’uso del telefono cellulare se protratto per almeno 10 anni

Analoghi i risultati raccolti da MJ Schoemaker et Al. e pubblicati nel  Br. J. Cancer nel 2005 “non sembra confermato l’ aumento del rischio di neuroma acustico nel primo decennio dopo l’inizio l’uso del telefono cellulare. Dopo i 10 anni si è evidenziato un aumento del rischio tumore ma non v’è alcuna prova biologica coerente che l’esposizione a campi a radiofrequenza sia implicato nello sviluppo di tumori acustici né si è documentato il potenziale meccanismo eziologico ed in conclusione , non v’è nessuna evidenza epidemiologica che l’esposizione a radio frequenze posa essere legato alla neoplasia Così nel complesso, l’evidenza suggerisce che non v’è alcun rischio sostanziale di neurinoma dell’acustico nel primo decennio di utilizzo, ma la possibilità di qualche effetto dopo lunghi periodi rimane un problema aperto”.

Tornando alla sentenza del tribunale di Ivrea, appare abbastanza plausibile che applicando la criteriologia medico-legale in ambito civilistico (non sarebbe uguale in campo penalistico), viste le ricerche sin qui citate che rendono ipotetico un danno da uso del cellulare dopo dieci anni di esposizione, nel “dubbio si sia concesso al cittadino il riconoscimento di un beneficio economico”.

Cosa ben diversa è l’applicazione del rigore scientifico galileiano per stabilire un rapporto di causa ed effetto tra esposizione a un possibile agente patogeno e malattia. Facciamo un esempio.

La caffeina, contenuta nel caffè, è una sostanza psicostimolante. Anche la cocaina lo è. Statisticamente è probabile che il 99% dei soggetti cocainomani assumano anche caffè. Questo è sufficiente per affermare che l’uso del caffè predisponga all’assunzione di cocaina? Ovviamente no se si considera che il 99% della popolazione adulta non cocainomane assume caffè. L’applicazione dell’indice statistico di Student darebbe una probabilità di nesso eziologico piuttosto bassa, anzi nulla.

Nel caso del neurinoma dell’acustico (che ricordiamo in realtà è uno Schwannoma del vestibolare) le cose non stanno diversamente.

I cittadini italiani sono circa 59 milioni. Tra questi 39 milioni hanno più di 15 anni ed il 93%, secondo Eurispes, possiede un cellulare: circa 37.000.000 di persone. A queste dovremmo aggiungere che oggi viene acquistato un telefono portatile anche ai minori di 15 anni, ma vogliamo “tenerci stretti” nei riferimenti statistici.

Il neurinoma dell’acustico è presente nell’1% della popolazione: 590.000 casi circa in Italia (talvolta è un reperto autoptico occasionale , con patologia asintomatica in vita). Si comprende che, come nel caso dell’ipotetico studio tra uso di caffè e cocaina, la probabilità di un nesso eziologico tra uso del cellulare e neurinoma sia piuttosto bassa, stante che 36 milioni di persone usano il cellulare ma non soffrono di neurinoma dell’ottavo nervo cranico (nervo statoacustico).

Volendo applicare inoltre il principio della conseguenza di danno di sede (se colpisco con un pugno il viso di un’altra persona posso osservare un danno all’occhio ma non all’alluce), occorre evidenziare che quello che impropriamente viene definito “neurinoma dell’acustico” è in realtà uno Schwannoma del vestibolare che solo secondariamente a compressione vascolare (Schuknecht) determina disturbi al sistema uditivo. Questo ci è utile per fare un’altra considerazione.

Come esiste il neurinoma dell’acustico , sussiste quello di altri nervi cranici come il nervo facciale (F.N.S.) o il trigemino. Perché mai il cellulare dovrebbe lesionare solo il nervo statoacustico? Perché “per sentire” usiamo l’udito? Ma si è detto che quello che quello che chiamiamo neurinoma dell’acustico è in realtà una patologia del vestibolare!

A implementare le perplessità in materia, l’osservazione che soggetti audiolesi protesizzati possiedono sussidi uditivi che utilizzano quotidianamente per l’intera giornata, con annessa funzione bluetooth e non si sono registrati casi di neurinomi dell’acustico.

Dunque, che tipo di ricerca metodologica dovrebbe essere applicata per dirimere tutte queste perplessità?

Si dovrebbe, ad esempio, dimostrare che da quando si è diffuso l’uso del telefono portatile, sono aumentati i casi di neurimoma dell’acustico. Però, anche se oggi questo dato fosse accertato, si potrebbe anche pensare che con l’avvento della Risonanza Magnetica sia aumentata la probabilità di formulare una corretta diagnosi.

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