Ascolto selettivo: il nostro filtro del rumore
Vi è mai capitato di essere in un ambiente molto affollato e rumoroso, e di essere riusciti ugualmente a distinguere la voce del vostro interlocutore in mezzo al frastuono? Ebbene, se ci siete riusciti è grazie a una particolare capacità del nostro cervello di praticare un ascolto selettivo, il cosiddetto effetto cocktail party.
Questo è il nome che i ricercatori del MIT (Massachussets Institute of Techology) e dell’Università del Suessex hanno dato al fenomeno dell’udito selettivo. Dalla loro ricerca è emerso infatti che, anche se le nostre orecchie percepiscono tutti i rumori provenienti dall’ambiente, non tutti vengono uditi. Merito dell’ascolto selettivo.
1Come funziona l’udito selettivo
Ciò che permette al nostro orecchio di filtrare i suoni è una sottile membrana presente nell’orecchio interno, chiamata membrana tettoriale. Questa membrana è dotata di pori di dimensioni infinitesimali, e sono proprio quelli a fare da filtro. Lasciano passare i suoni ritenuti importanti, come ad esempio la voce nota di un amico, e bloccano tutti gli altri.
Tuttavia, la scoperta più sorprendente che i ricercatori hanno fatto è che l’azione di filtro operata dalla membrana tettoriale è involontaria. Non siamo infatti noi a decidere quali suono lasciar passare e quali no: la membrana reagisce infatti alle frequenze. Quello che è generalmente considerato rumore viaggia su frequenze compresa tra i 1.000 e i 10.000 Hz, mentre il parlato ha una frequenza compresa tra i 2.000 e i 4.000 Hz. Ecco perché, grazie all’ascolto selettivo (o effetto cocktail party), possiamo distinguere le parole di un amico durante una festa.
Ulteriori approfondimenti e ricerche accademiche sull’effetto cocktail party sono auspicabili, in quanto questa capacità del nostro cervello di selezionare i suoni percepiti in modo involontario potrebbe avere utili applicazioni nello sviluppo di tecnologie di riconoscimento vocale più sofisticate di quelle attualmente in uso sui nostri dispositivi.
Lo studio dell’Università della California
Oltre alle applicazioni pratiche, la conoscenza dell’ascolto selettivo è importantissima anche per lo studio dell’autismo, dei deficit di attenzione e di apprendimento del linguaggio e anche di alcune forme di ipoacusia.
Alcune zone cerebrali connesse all’elaborazione del suono e alla comprensione del linguaggio si attivano quando riconoscono una voce su cui abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzione. In altre parole, anche se le nostre orecchie percepiscono tutti i rumori provenienti dall’ambiente, questi ultimi iniziano a distribuirsi in differenti aree cerebrali prima di arrivare alla corteccia uditiva. Solo alcuni, infatti, raggiungono le regioni coinvolte nel controllo dell’attenzione e nell’elaborazione del linguaggio.
A dimostrarlo, uno studio condotto dall’Università della California. Ad alcuni pazienti è stato chiesto di ascoltare contemporaneamente due registrazioni e di focalizzare la propria attenzione su uno soltanto di essi. I dati hanno riportato che alla corteccia uditiva non primaria sono giunti soltanto i suoni della voce su cui i pazienti si erano concentrati. Al contrario, dell’altra voce non vi era traccia.
Ciò significa la corteccia primaria registra tutti i suoni ma, grazie all’ascolto selettivo, solo alcuni di essi, quelli che riteniamo più importanti, arrivano alla corteccia non primaria, che ha il compito di analizzarli e inviarli al cervello.
Ascolto selettivo o perdita dell’udito?
Occorre precisare, però, che l’ascolto selettivo non è una dote permanente nell’essere umano: con gli anni la nostra capacità di concentrazione sui suoni che ci interessano tende a indebolirsi. Questo il motivo per cui, per gli anziani, lo sforzo di un ascolto selettivo all’interno di ambienti particolarmente rumorosi è maggiore.
Non si tratta, in realtà, di un abbassamento dell’udito, quanto piuttosto di una diminuzione delle capacità di attenzione; esistono, non a caso, degli esercizi cognitivi sviluppati proprio allo scopo di ritardare questo processo.
Può capitare invece di avere difficoltà a distinguere la voce di un amico anche quando non si è in ambienti rumorosi. In questo caso, non si tratta di problemi legati all’ascolto selettivo, quanto all’ipoacusia. Un controllo uditivo potrebbe essere la scelta migliore per approfondire quale possa essere l’effettiva problematica.